Assidua lettrice di racconti di viaggio (dei Turisti per Caso), e recensore costante su Trip Advisor per quel che riguarda hotel, ristoranti e posti da visitare… Questa sono io, e la mia idea di racchiudere in un'unica pagina, la mia, tutti gli svariati contributi relativi ai miei viaggi nel mondo reale e in quello del gusto, di modo che esperienze, sensazioni, colori, sapori e giudizi possano insieme mescolarsi nel diario di un'esperienza di vita.

Panico da viaggio? Ci penso io! Sarò lieta di aiutarvi in ogni piccolo aspetto organizzativo… Scrivete sul blog o alla seguente pagina facebook: www.facebook.com/viaggiarecongiudizio

Translate

LUTON


Quello che andrò scrivendo oggi, è un diario di viaggio alquanto atipico... nessuna meta esotica, nessuna fuga di gusto...
Quello di oggi è il diario di un evento cui, annualmente, io e tutti i miei colleghi veniamo crudelmente assegnati: il tanto terribilmente temuto RT a Luton.
Cominciamo con lo spiegare cosa sia l'RT, abbreviazione di Refresher Training: sarebbe il “richiamo” (si, ahimè.. come un vaccino contro una fastidiosissima malattia!) delle nostre conoscenze manualistiche e procedurali, ovvero un aggiornamento e una verifica della nostra preparazione lavorativa...
Così avete scoperto anche un'altra cosa: che gli Assistenti di Volo non sono in cabina solo per servire bevande e snacks, ma che in fondo una funzione ben precisa l'hanno pure loro, per la quale sono chiamati a ben 3 settimane di corso intensivo preparatorio (se si considera l'attuale azienda per cui opero), e. successivamente, a questo flagello annuale di verifiche ed aggiornamenti su porte, scivoli, fuochi, decompressioni e catastrofi varie....
Ma perchè parlo di flagelli, malattie e cose terribili? È qui che si giunge al nocciolo della seconda questione... Luton... Nel nome della città troverete tutte le spiegazioni possibili...
Luton è una mai ridente cittadina posta a nord di Londra, dove la mia azienda ha deciso di nascere e proliferare. Magari il centro e i dintorni saranno di una bellezza strepitosa (chi può mai dirlo, senza andare in visita?), ma l'area in cui siamo costretti a soggiornare per motivi di praticità (vicinanza all'Academy, tempio della formazione arancione), è di una tristezza infinita: aeroporto, piste, hangar e bus navetta.. neanche l'ombra delle case dai tetti a spiovente, delle grandi finestre a vetri e delle stradine private di un tipico borgo inglese.
Se a questo aggiungete il clima tipicamente britannico... il quadro è completo..
Non che a Malpensa abbia lasciato la primavera, nonostante sia ormai una settimana che avrebbe dovuto far capolino... ma, prima o poi, sai che arriverà e ne apprezzerai a pieno il tepore, mentre qui... beh, pioggerellina e vento si occuperanno di accompagnarti fino all'estate, che nel giro di uno o due mesi appena, cederà spazio nuovamente all'autunno.
Se siete degli attenti e critici lettori, vi chiederete dunque perchè ci ostiniamo a spendere il tempo libero del nostro soggiorno nell'area appena definita, senza aggirarci nei dintorni alla scoperta dell'anima di Luton.
Il punto sta nella parola “tempo libero”.
Perchè dopo 8 ore di chiacchiere (in una lingua fatta di suoni affettati e pronunce irripetibili), siamo talmente sfatti da non avere nemmeno la forza di uscire dal nostro hotel per una cena, e ci riduciamo a consumare cibo in scatola portato da casa, alimenti acquistati al Marks & Spencer dell'aeroporto o un hamburger e patatine con servizio in camera.
Ma, questa volta, voglio provare ad affrontare l'esperienza in maniera differente: merito di questo blog e della spasmodica voglia di riempirlo, o dei 5 giorni che ci appresteremo a trascorrere nell'isola, voglio uscire e conoscere un minimo la città che mi ospita, scoprirne eventuali lati nascosti o, se non altro, tentare la fuga da questa prigione fatta di soli hangar.
L'occasione si presenta con la prima delle 5 giornate a disposizione, quella del “tempo libero” a tutti gli effetti: la giornata di posizionamento, che ci fa atterrare su una zona ancora innevata intorno alle 11 locali (un'ora indietro rispetto a quella italiana) di un mercoledì di fine marzo, lasciandoci il tempo di ri-familiarizzare con le nostre piccole abitudini annuali (prelievo di moneta in sterline, sosta ristoro al Marks & Spencer, trasferimento nella solita camera senza frigobar e senza bidet) fino a domani alle 8, l'inizio delle prossime 3 lunghe giornate di RT.
Alle 16:30 l'appuntamento per prendere il bus che ci porterà in centro... alla scoperta di qualcosa di nuovo o di fronte all'ennesima delusione (e conferma) programmata?

La città ci accoglie con i suoi negozi aperti e un leggero venticello. 
Decidiamo di ripararci all'interno del Mall... ma probabilmente è solo una scusa per poter fare un po' di shopping al femminile.
Mi muovo estasiata tra gli scaffali di shampoo, bagnoschiuma e prodotti per l'igiene in generale... Non che non sia abituata ad utilizzarli... ci mancherebbe solo questo! E' che non sono avvezza a visualizzare quei prezzi... Per intenderci, tre pacchi di salviette struccanti a £ 1 (non l'uno, ma tutti e tre!), fazzoletti a 0.59 p (l'intera stecca), prodotti per l'igiene orale a poco meno di £ 2 (avete presente il mega bottiglione di Listerine??!)... avrei acquistato una valigia solo per poter riportare indietro tutto questo...
Finalmente, trovo anche l' “oggetto dei miei desideri” da un po' di tempo a questa parte: la borsetta frigo da portare a lavoro, per poterci mettere le mie varie fonti di gratificazione nelle giornate infinite, e apprendo inoltre che il suo nome non sia “cool bag”, ma “lunch bag”... ricordatelo nel caso doveste averne bisogno, altrimenti tornerete a casa con un rotolo di domopak...
Francesca, una collega fanatica di Londra e dintorni, e frequentatrice d'assalto del Body Shop in quel di Luton, è il mio cicerone... e, in quanto tale, decide che -in questo giro di esplorazione della città- io non possa omettere la visita al negozio di American Nail Art, situato nella piazzetta dei taxi.
L'ingresso al negozio è a dir poco vertiginoso: niente scale, dirupi o cose del genere... però entrateci e capirete... decine di testoline vietnamite schierate dietro piccoli banchetti con altrettante clienti, e nell'aria un olezzo pesantissimo di smalti e laccature varie... insomma, da capogiro.
Aspetto Francesca fare la manicure seduta in un angolino, e attenta osservo la ragazza di fronte a me che, munita di un arnese tipo cotton fioc, spalma la cera attorno alle sopracciglia di una giovane cliente... e via con uno strappo secco e risoluto... Decido che nella mia vita non farò mai la ceretta alle sopracciglia...
Francesca rispunta all'orizzonte con le sue nuove unghie, orgogliosa dei suoi £ 8, e lentamente decidiamo cosa fare per cena. Uno dei motivi per cui mi trovo a Londra, dichiaro, è la pizza di Pizza Hut. Non vogliatemi male, per carità... Ma adoro quella pasta alta e al tempo stesso croccante, servita nella teglia con la sua palettina... e Francesca sogna di poter riassaggiare un bordo ripieno di formaggio. Così, non esitiamo un attimo a fermare un gruppo di ragazzi per strada e chiedere loro indicazioni circa il ristorante più vicino, e salite sul taxi ci dirigiamo poco fuori Luton alla ricerca del cappello rosso e dell'esperienza “extrasensoriale” di una pizza American style.
La giornata si conclude di rientro in hotel, con la consapevolezza che, talvolta, i pregiudizi non sempre restino soltanto tali... Luton è così come credevo che fosse, niente di entusiasmante o di particolarmente scenico... ma, per lo meno, sono riuscita ad evadere un paio di ore dal quartiere hangar e a respirare un'aria non di solo cherosene.
La sveglia alle 6:45 è già puntata sul mio cellulare... e quando un timido sole fa capolino nella finestra della mia camera, quasi dimentico di essere qui. La giornata si prospetta molto lunga, e sono sicura che l'Academy ci inghiottirà totalmente tra le sue viscere (le tristissime classi stile bunker, senza finestre), che quando riemergeremo il sole sarà già andato via.
In effetti, alle 10 del mattino le tenebre han già preso il sopravvento su quel pallidissimo chiarore, e un vento rigidissimo spiega il perché ai bordi delle strade sia ancora tutto innevato.
La pausa nella nuova canteen ci entusiasma di più, se non altro per l'ampiezza dello spazio e per la maggiore possibilità di scelta dei panini, ma 45 minuti sono troppo pochi per un break che possa rifocillare anche le cellule sature del nostro cervello... e, al tempo stesso, sufficienti a ricordarti quanto sia di gran lunga auspicabile essere chiamati per un RT a Londra Gatwick piuttosto che a Luton.
Fortuna vuole che i trainer oggi si sentano di un'umanità ineccepibile, così che alle 16 si chiuda bottega e si rientri in hotel per una doccia bollente, al fine di togliersi dalle ossa il gelo pungente di questo fastidiosissimo vento.
E' la serata del ristorante thailandese o libanese... c'è ancora incertezza sulla questione, probabilmente il flusso di aria calda del phon ci aiuterà a fare chiarezza... 

La proposta circa il ristorante Libanese resta in minoranza, perciò mi accingo mentalmente ad un'altra delle “cene sociali” della mia vita, cioè una di quelle serate in cui vai fuori con gli amici (in questo caso i colleghi) solo per stare in compagnia, senza però condividere con gli altri commensali i piaceri della tavola (ahimè, che sofferenza!).
Non è un mistero, infatti, la mia scarsa passione per tutto ciò che contempli la cucina indiana o thailandese, poco avvezza -come sono- al sapore e, ancor meno, all'utilizzo del cumino e del coriandolo. Nella cucina thailandese, la lemongrass -un'erbetta dal pungente sapore di citronella- mi porta ancora di più a desistere dal gustare quello che, altrove, si rivelerebbe un soddisfacente piatto di noodles, ripiegando su quegli intrugli a base di latte di cocco, panna e nocciole dal sapore, poi, quasi sempre indefinito.
Ma a Londra non esiste un sapore che possa essere definito come propriamente “tipico”, né un tipo di cucina tradizionale, al di là di una steak o burger house. Parliamoci chiaro: evitare qualcosa che rientri nella triangolazione indiano/thailandese/cinese, durante un soggiorno di 5 giorni, è pressappoco impossibile.
Così mi accingo ad entrare per la seconda volta (la prima era stata al recurrent di due anni fa) al Nakorn Thai Restaurant, situato in Wellington road (la stessa del libanese), accompagnata da altri tre italiani e una tedesca molto affamati.

3 su 5 stelle
         Per quel che possa giudicare della cucina thailandese (non il mio forte), si tratta di un buon ristorante, con una scelta abbastanza ampia di antipasti, noodles, riso e portate principali. Da segnalare i vegetable spring rolls, quelli che in un ristorante cinese prendono il nome di involtini primavera: più piccoli di questi, ma ricoperti da una doratura croccante con, all'interno, un ripieno gustosissimo. Ottima la birra thai, la chang, meno alcolica della nostra e per questo più leggera. Se desiderate concludere la vostra cena con un dolce, a meno che non amiate stuzzicare il fegato, sconsiglio i tocchetti di banana fritta col gelato: la frittura, ovviamente golosissima e accattivante, resta comunque molto pesante, e mandare giù tutti e tre i pezzi sul piatto risulta alquanto difficile. Se dividete il dolce con qualcuno, rappresenta una buona alternativa... altrimenti... non dite che non vi abbia avvisati!

La serata si conclude con il rientro in hotel e la preparazione per la giornata “definitiva”: quella dell'esame. 
Passerei ben volentieri oltre le nove ore trascorse nella solita e triste auletta senza finestre (per la cronaca: il test l'abbiamo passato tutti a primo tentativo, stavolta anche gli inglesi... segno che qualcosa stia cominciando a cambiare pure lì??!!), per darvi qualche altra dritta “mangereccia” non particolarmente gustosa, ma utile per tutti coloro -specialmente i miei colleghi- che preferiscano trascorrere le serate in hotel a rilassarsi, piuttosto che in giro per la città.
Di fianco al banco della reception troverete una miriade di depliant pubblicitari su ristoranti e locali con consegna gratuita in hotel.
Dopo aver vagliato attentamente le opzioni, e stabilito di arrestare la mia lievitazione corporea interrompendo per la giornata l'ingurgitamento di panini e pizze, opto per un kebab al piatto con contorno di patatine fritte, che nel giro di 20 minuti viene recapitato alla reception a nessun costo aggiuntivo.
Ahimè, il discorso è sempre quello: la maggiorparte dei gestori di rosticcerie, nella zona, ha origini indiane o thailandesi, e inevitabilmente applica principi della cucina di origine a tutti i propri piatti, e voi vi ritroverete davanti ad una montagna di tocchetti di carne che, anziché essere semplicemente passati allo spiedo, profumano di zenzero e oriente.
La sera dopo, l'ultima del nostro soggiorno, al termine del fatidico terzo giorno di corso, sembra andare un po' meglio: decidiamo di festeggiare la conclusione di questa sosta forzata (che, in fondo, mi ha assolto per 5 giorni dalle attività di cura e manutenzione della mia casa, oltre che risparmiato non si sa quali catastrofici giri del mondo), e per l'occasione ci rechiamo in taxi in un pub del centro, il 

       LONDON HATTER
3 su 5 stelle
molto carino e caratteristico inglese. Assente il servizio ai tavoli, per cui -una volta scelto il vostro piatto- dovrete recarvi al bancone del bar e, assecondando la fila, avanzare il vostro ordine. Prezzi modici: un panino con hamburger, bacon e formaggio, accompagnato da patatine e anelli di cipolla, più una birra a meno di £ 8. Nel dispenser vicino ai tavoli, salsine gratis a volontà. Molto ampia la scelta dal menù.

Tra una chiacchiera e un sorso di birra, giungiamo al capolinea di questa esperienza, che vede miseramente fallire il tentativo di sfatare i falsi miti esistenti attorno alla città di Luton, perfino ad opera delle persone che qui vivono o lavorano, incapaci di suggellare il loro amore per la città con frasi zuccherine o dichiarazioni di amore e fedeltà.
Luton, alla fine, è questa: non c'è alcuno scampo.
E a parte, dunque, qualche consiglio su cosa e dove mangiare, nient'altro di particolarmente utile sono riuscita ad aggiungere al vostro imminente o futuro soggiorno in quel della città “orange”.
Del resto, seduta davanti al finestrino dell'aereo, penso che neanch'io farò rientro in Italia con chissà quale bagaglio di approfondimenti su procedure ed equipaggiamenti di emergenza.
Su qualcosa, però, sento di aver allargato i miei orizzonti e ampliato le mie conoscenze. E se a qualcuno di voi il nome di Beppe e Fernando possa suonare come completamente estraneo, qualcun'altro capirà come ciò che possa aver appreso dai miei due “tutor”, in questi giorni, abbia sfortunatamente più le sembianze di un fardello, che di un bagaglio di conoscenze!
Donne, pochi dolci e meno uova di Pasqua quest'anno... qui occorre lottare per riprendersi gli uomini!





Nessun commento:

Posta un commento